Aniello Polsi

La vita, le opere


Aniello Polsi nacque a Mutignano (TE) il 9 gennaio 1905. Fin da giovane manifestò il suo spiccato amore per la musica apprendendone le prime nozioni da Padre Eustachio Farina nel Collegio Serafico di Tagliacozzo. Ostacolato dalla volontà paterna, s’indirizzo dapprima agli studi classici, ma una volta conseguita la licenza ginnasiale, preferì seguire quella che era per lui l’unica strada congeniale e si dedicò allo studio del solfeggio, dell’armonia e del pianoforte con il M° Antonio Di Jorio. Al Conservatorio di Napoli “San Pietro a Maiella”, ebbe la fortuna di avere come maestro l’insigne musicista Camillo De Nardis. Di lui conservò molte lettere e l’opera “Stella” , a ricordo dei begli anni passati insieme e dell’amicizia che li legava.
Giunse a Vasto intorno al 1930 dove, ininterrottamente, tenne la cattedra come docente di ruolo per l’insegnamento della musica e canto nell’Istituto Magistrale Statale “Romualdo Pantini” e nella Scuola Media Statale “Raffaele Paolucci”; fu inoltre direttore e animatore della Scuola Musicale Combattenti e Reduci di Vasto con annessa Banda Musicale. Quale direttore della Camera Corale, organizzò concerti nell’Aula Magna dell’I.T.C. “Filippo Palizzi” prima di diventare organista nella storica chiesa di S. Pietro Apostolo, distrutta dalla frana del 1956. In quel periodo Polsi, costituì anche, con Gino Martella, Espedito Ferrara e Filandro Lattanzio una specie di Cenacolo di cultura che si occupava di pittura, musica e letteratura. Quelli per il maestro furono gli anni di “Core me'” e delle prime composizioni che lo fecero conoscere agli illustri compositori abruzzesi come Di Jorio, Dommarco e Jannucci.
Polsi fu autore poliedrico, con spiccato temperamento e la sua produzione nella gamma musicale e poetica fu molto varia, spaziando dalla musica sacra – con la composizione di due messe di gloria e di una di requiem – a quella profana; da quella da camera – con pezzi pianistici e per violino ed orchestra – a quella teatrale. Insieme al comm. Borselli fu l’anima del festival della Canzone Abruzzese - Molisana di Vasto; fu giudice della “Settembrata Abruzzese” di Pescara e diresse quattro tradizionali “Maggiolate” di Ortona ottenendo sempre plauso incondizionato. Fu autore di commedie, romanze, inni, ma la sua affermata popolarità gli derivò dalla canzone popolare. Ciò probabilmente si deve al fatto che l’arietta orecchiabile si diffonde con particolari ritmi e suscita l’immediata rispondenza del popolo, nonostante Polsi ricercasse i brani più impegnativi, i testi di poeti di riguardo e a volte di classico rigore come quelli di De Titta, Tilli, Di Jorio, Dommarco, Canci, Saraceni, Del Casale, etc. Tra le sue innumerevoli canzoni del celebrato repertorio popolare in cui traspare la sua raffinatezza poetica ricordiamo: “Nostalgie di Vaste”, “La Scaffette”, “La canzone di nonne” e quella a cui forse il Maestro era particolarmente legato e che lui stesso definiva “il mio piccolo capolavoro!”: "Ci stave ‘na vote”.
Grande impegno Polsi lo dedicò al Teatro verso il quale indirizzò le più suggestive ispirazioni e le migliori energie, contribuendo ad arricchire l’inestimabile patrimonio culturale e canoro della gente d’Abruzzo.

Il Maestro non fu secondo a nessuno per professionalità e competenza e sicuramente si distinse per decoro e modestia gestendo intelligentemente la fama e la popolarità. I meriti ed i riconoscimenti non lo insuperbirono e non intaccarono la sua naturale bonomia che lo legava a quanti ebbero la fortuna di avvicinarlo, conoscerlo ed apprezzarlo.

Parlando di Polsi non si può scindere l’uomo dall'artista. I suoi componimenti, le sue opere lo vedevano spesso interprete musicale di se stesso ed erano un angolo dove si raccoglieva per meditare e rivedere la sua infanzia, spesso avara di tante gioie, che gli aveva negato l’affetto della madre venutagli a mancare quando era ancora ragazzo.Nei testi e nella musica di Polsi, ritroviamo la sua vocazione, i contenuti di un’arte sofferta perché vera e a cui egli dedicò l’intera vita. Il Polsi fu autore di molti componimenti poetici in dialetto abruzzese, in parte editi in volumi di “Ariette paisane” e in “Vaje dicenne dendre di me”. Sono raccolte di componimenti che dovrebbero consacrare il Polsi oltre che musicista, poeta dialettale d’Abruzzo.
Il mondo di Polsi, era comunque quello musicale, dove spesso le doti di poeta si combinavano con l’armonia; le parole venivano da lui sfruttate più per il loro suono che per il loro senso trasformando così immagini, pensieri e miti in trame musicali. Il fraseggio da lui usato è semplice, pulito, leggero e delicato, sempre venato di una malinconica e bonaria sensibilità atta ad esprimere momenti di tristezza o di spumeggiante vitalità, sottolineando le ore serene di una vita trascorsa tutta in semplicità di cuore. È basandosi sull'esperienza personale, infatti, che Polsi cerca di ricercare i modi della canzone popolare sul tracciato della tradizione ed è così che “La canzone de nonne”, realizzata con il classico schema del canto fanciullesco, si rivela un autobiografico mito dell’infanzia, rivisto attraverso immagini care ed antiche melodie di una civiltà scomparsa ma a lui molto vicina.
Quale artista puro, il Polsi, non poteva neanche ignorare il fascino della sua terra, la visione di un Abruzzo idillico, solare, con i colori, le sue valli, i suoi monti e il mare i quali ritroviamo spesso nelle sue canzoni, riflettendo una concezione a volte in inni di gioia o ripiega in leggere malinconie, senza però mai cadere in un oscuro tormento. Anche il rapporto d’amore da lui descritto è quasi sempre senza drammi, come un incontro corrisposto, in un’immagine idealizzata da una tradizione secolare.
La musica che abbiamo detto e quella che dà principale volto all’espressione del Polsi, passa da melodie dolci per descrivere momenti romantici di vita a due come in “Vocche a vocche”, a ritmi festosi e frizzante quando ed essere ritratte sono scenette paesane colte dal vero "Catarine a’ da parlà” o quadretti in movimento “A la fiere”. Ricorrente nell’arte del Polsi è senz’altro la nostalgia, la lontananza dall’amore e dalla propria terra, che sicuramente s’incarna in un contesto sociale ben noto all’autore. L’emigrazione oltreoceano era comune in Abruzzo e specialmente a Vasto e il suo animo nobile e sensibile non poteva non essere toccato da questa piaga. Così egli non fa altro che ritrarre, nei suoi componimenti, una dura realtà calandosi nei panni dell’emigrante di cui scopre appunto le nostalgie per le bellezze naturali della propria terra, come in “Nustalgie di Vaste” o il richiamo verso i luoghi d’origine tanto che, ne “la Scaffette”, il semplice panierino di pesce diventa il simbolo del proprio paese. C’è sempre nei testi di Polsi, però, quel pizzico di ottimismo, di solarità e di musicalità propria nel suo carattere e infatti, sempre ne “La Scaffette”, l’emigrante quasi per incanto realizza il suo sogno e torna alla sua Vasto anche solo per comprare il tanto agognato panierino di pesce; con ciò, Polsi riesce a rievocare storie, immagini e situazioni con grande trasporto, ma senza mai cadere nella retorica sentimentale.
L’estro del Maestro, la passione e la dedizione per la musica non lo abbandonarono in nessun caso, anche se si affievolirono temporaneamente nei momenti bui che accompagnarono il suo cammino come la morte improvvisa della prima moglie, spentasi giovanissima o la crisi mistica della figliola Sandra, che turbò la serenità della sua vita. Ma il Maestro fu grande anche in questi frangenti e seppe attingere dal dolore l’energia necessaria per andare avanti e proseguire il suo cammino ascensionale verso gli allori della popolarità, continuando con la sua arte a suscitare attimi sublimi di palpitante emotività.
Il 10 Aprile 1983 Aniello Polsi si spense a Bazzano (BO) dove si era recato per stare accanto alla moglie prof.ssa Carla Pinelli ed alla figlia Sandra, unico conforto alla sua gioiosa e sofferta vita d’artista romantico e di successo.


Bibliografia Consultata
~     Trigesimo della morte (Giuseppe Catania 1983)
~     XII Certame Regionale di poesia dialettale, Celenza sul Trigno (Adelio Tilli, 1983)
~     “Canti del mio Abruzzo” 1° Vol. (Renato Cannarsa Editore. Premessa a cura di Gianni Oliva, Vasto 1978
~     “Vaje dicenne dendre di me” (Editrice Itinerari, Lanciano 1974)